domenica 15 novembre 2009

Le citazioni di Yaduende

Andrei

Questo è il testo della "Canzone VI", contenuta in Ultimo Volo, lavoro tra il teatro e la canzone di Pippo Pollina

Oggi è uno di quei giorni in cui ascolto le parole del cielo
Come quegli animali infelici fuori aspettando le piogge
Come gli indiani con le orecchie sulla terra e i cavalli al galoppo
Come i torrenti in odore delle rapide sfiorando le sabbie.

E se il mio tempo è un granello di polvere un pulviscolo di stelle
Che non si trova più nel calendario né nelle pagine gialle
Se il mio destino l'avete scritto su un muro di carta e catrame
La mia memoria me la gioco a dadi e sulla sponda di un fiume.

Oggi ho bisogno di un cenno di un segnale particolare
Una luce che mi colga nel mio ventre nel mio peregrinare
Fra le vostre coscienze o fra quello che ne rimane
Non più in fondo al mare
Ma sulla mia pelle e le mie ali.

C'è una brezza crudele che spinge le mie ossa d'airone
Che son forti e portano in grembo migliaia di cuori,
Ciascuno con una promessa da raccontare,
Un passato, un futuro, un dolore da ricordare

Oggi è uno di quei giorni in cui credo alle parole del cielo
Cupo e minaccioso, un sentiero di nuvole scure,
Un cattivo presagio, una minaccia da dimenticare,
Un tremore di terra che scuote perfino le viscere del mare.

Attraverso le rotte del mondo io di bellezza ne vedo,
Mentre lascio una firma di fiamma che spettina il cielo,
Fioriranno i ciliegi, sorrideranno al mio passaggio
I viandanti, gli gnomi, le spose candide di maggio

E se qualcuno si è illuso di mischiare bene le carte
Di nascondere la sua vergogna fra i giochi della malasorte
Di regalare al futuro e ai fratelli un mattino normale
Ma non c'è più niente di normale e non c'è futuro che non faccia male.

Chi ha rubato il sonno alle madri e sparso gemme nel vento?
Chi ha sottratto il sorriso ai bambini e di colpo l'ha spento?
Chi ha spezzato i polmoni d'acciaio del colosso volante?
Chi ha giocato da baro sapendo che c'era un perdente?

E ora nella vertigine, mentre sprofondo nel vuoto,
Avverto nei sensi la pace di un luogo remoto,
Le vette inaccessibili e i ghiacci che ho già trasvolato
Dove regna il silenzio, dove l'uomo non è mai stato

E mi sembra di vederle le iene nella stanza dei bottoni
Con uniformi di cartapesta a decidere i cattivi e i buoni
Stravaccati in poltrone di pelle, ché non si rischia niente
Con l'arroganza del potere e l'indifferenza di certa gente

Eppure la storia va avanti non conosce padroni,
Anche a quelli che muovono i fili un giorno tremeranno le mani,
Perché esiste un passaggio comune, un comune destino
Che fa più vita la vita e non fa sconti a nessuno

Torneranno le stagioni di sempre per chi ha vinto e perduto.
Per chi ha avuto una sorte beffarda e anche per chi ha taciuto
E a ciascuno toccherà fare i conti senza un ma senza un se
Alla fine del giorno resteranno gli avanzi di qualche perché.




lt

Ho letto su un articolo pubblicato su informacarcere da un detenuto, diceva che sul muro di un bagno un uomo che si è suicidato, prima ha scritto questa frase: "un solo uomo può farti toccare il cielo e poi farti finire sotto terra" e dice che l'hanno lasciata lì...... ma quando si arriva lì dentro è già troppo tardi, bisognerebbe scriverla sui muri di tutte le città..... da http://nikiaprilegatti.blogspot.com/


L.

Non c'è abbastanza tempo per fare tutto il niente che vuoi. -Bill Watterson-


Andrei

Vivo come un cammello in una grondaia in questa illustre e onorata società! E ancora, sto aspettando, un'ottima occasione per acquistare un paio d'ali, e abbandonare il pianeta, E cosa devono vedere ancora gli occhi e sopportare? I demoni feroci della guerra, che fingono di pregare! Eppure, lo so bene che dietro a ogni violenza esiste il male... se fossi un po' più furbo, non mi lascerei tentare. Come piombo pesa il cielo questa notte. Quante pene e inutili dolori. (F. Battiato)




Ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendo. -Aristotele-


L.

In questo mondo malvagio non c'è niente di permanente... nemmeno i nostri dispiaceri -Charles Chaplin-


L.

Il fiume era gelato, le stelle erano fredde, la neve era vetro che si rompeva sotto le scarpe, la morte fredda e verde aspettava sul fiume, ma io avevo dentro di me un calore che scioglieva tutte queste cose. Mario Rigoni Stern - Il sergente nella neve-


L.

Meglio essere pazzo per conto proprio, anzichè savio secondo la volontà altrui! -Friedrich Nietzsche-



maravinto@gmail.com

Il silenzio sfronda la persona e la rende di nuovo disponibile, debella il caos nel quale si dibatte. Stando in ascolto, il viandante attento [...] Se ha un udito abbastanza sensibile, l'uomo ode lo spuntare dell'erba, il dispiegarsi delle foglie sulle cime degli alberi, il processo di maturazione dei mirtilli, il lento salire della linfa. Ritorna a sentire la leggera vibrazione del tempo, di solito coperta dal rumore e dall'urgenza di fare. David Le Breton


Andrei

Se credi che cambi il mondo ti sbagli di grosso. E' già tanto se mi cambio le mutande. - Caparezza


maravinto@gmail.com

Son maestro di follia, vivo la mia vita sulla fune che separa la prigione della mente dalla fantasia. Il mio futuro è nel presente ed ogni giorno allegramente io cammino sul confine immaginario dell’orizzonte mentre voi, signori spettatori, mi guardate dalla strada, cuori appesi ad un sospiro per paura che io cada ma il mio equilibrio è in cielo come i sogni dei poeti, mai potrei viver come voi che avete sempre la certezza della terra sotto i piedi. Son maestro di pazzia e vola sulla corda la mia mente a rincorrere i pensieri ad inseguire l’utopia di catturare almeno un “oggi” prima che diventi “ieri” e provare a far danzare il tempo. Signori spettatori lo spettacolo è finito, vi saluto con l’inchino, sempre in bilico sull’orlo del destino e un sorriso avrò per tutti voi, che vediate nel funambolo un buffone o che vediate in lui un artista e ringrazio chi ha disegnato questa vita mia perché mi ha fatto battere nel petto il cuore di un equilibrista. (Il funambolo - Ratti della Sabina)


lt

Ho un amico che per ammazzarsi ha dovuto farsi assumere in fabbrica - Caparezza



maravinto@gmail.com

“…cerco per me qualche cosa che per forza ha da esserci, altrimenti non mi spiegherei quest'ansia arcana che mi tiene, e che mi fa sospirar le stelle...” L. Pirandello




http://www.youtube.com/watch?v=PObDMBVwIis :D




Al lupo al lupo al lupo al lupo


fsr

a man destined to hang, can never drown. -regina spektor-


lt

Il pugno dato a caso uccide il Maestro. Proverbio cinese


lt

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perchè rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perchè mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perchè non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me e non c’era rimasto nessuno a protestare. Martin Niemöller from: http://www.alessandrorobecchi.it/


lt

"i compagni di tavola e di sbronza sono generalmente dei campatori, chiacchieroni, compiacenti, tolleranti, pronti alla risata, magnifici e pronti a scherzare di tutto. E a futura memoria vorrei soltanto rammentarvi che i peggiori eccessi della tavola sono gli eccessi dell’astinenza, un rimedio peggiore del male, come gli anacoreti sanno bene quando perdono lo spirito di umiltà e della preghiera e vengono distratti dallo stomaco che li strattona. Ma io che sono uno senza fede, a cui è spesso mancato di tutto e che oggi so privarmi di tutto, perfino di fumare e bere, posso assicurarvi che la povertà è una grande forza spirituale a condizione di essere veramente sprovvisti di tutto.", di Blaise Cendrars, da http://www.nazioneindiana.com/2008/05/15/per-una-storia-della-sbronza-blaise-cendrars-e-amedeo-modigliani/


l.

La gente crede di inseguire le stelle e finisce come un pesce rosso in una boccia. Mi chiedo se non sarebbe più semplice insegnare fin da subito ai bambini che la vita è assurda. Questo toglierebbe all'infanzia alcuni momenti felici, ma farebbe guadagnare un bel po' di tempo all'adulto - senza contare che si eviterebbe almeno un trauma, quello della boccia. - Muriel Barbery, ne "L'eleganza del riccio"-



maravinto@gmail.com

"La libertà sta nella tua testa" (Salman Rushdie a Roberto Saviano, La Repubblica, 3 Maggio 2008)




"We are grateful to The Washington Post, The New York Times, Time Magazine and other great publications whose directors have attended our meetings and respected their promises of discretion for almost forty years. It would have been impossible for us to develop our plan for the world if we had been subject to the bright lights of publicity during those years. But, the work is now much more sophisticated and prepared to march towards a world government. The supranational sovereignty of an intellectual elite and world bankers is surely preferable to the national auto-determination practiced in past centuries." - David Rockefeller to Trilateral Commission in 1991




«Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro. In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civilità e dell'abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare. Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti. In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri... Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronisrsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po' di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto. Che garantisca l'ordine anzitutto! Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli partiti possono impadronirsi del potere. Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all'universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi; tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo». Tratto da De la démocratie en Amerique di Alexis De Tocqueville, 1840.


l.

"C'è stato un tempo in cui ad Herat non potevi stendere una gamba senza tirare un calcio nel sedere ad un poeta"- Khaled Hosseini




Io ho pazienza, molta pazienza. So che arriverà.


Andrei

"...credono che la mascolinità e la femminilità esauriscano le categorie naturali in cui possono rientrare le persone. Quello che sta in mezzo è oscurità. Offesa alla ragione." C.Geertz, Local knowledge


lt

Happiness is reality only if is shared. Christopher McCandless


lt

L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abbiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce fatale a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione ed apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare e dargli spazio. - Italo Calvino, Le città invisibili


lt

ai piedi dell'est,/ai piedi del pueblo peak,/dalla casa fatta di miraggi,/dalla storia fatta di miraggi,/superata la soglia, percorso il sentiero,/l'arcobaleno con me ha camminato./insieme abbiamo attraversato/immense praterie/e poi con me è tornato/alla mia casa./al tetto della mia casa/è ritornato/nei pressi della mia casa/è ritornato./al centro della mia casa/è ritornato. Navajo


Andrei

"La bellezza è cattiva, la mia strada non ci arriva..." Piero Fabrizi


Andrei

"Tutti noi sappiamo che l'arte non è verità. L'arte è una menzogna che ci fa comprendere la verità" - Picasso.



maravinto@gmail.com

Primo rimboccò le lenzuola alla nipotina, lè posò una mano sulla fronte: "Non importa perdere, piccola. Si può perdere anche tutta la vita.Importa come si perde. Come". (La bambina, il pugile, il canguro - Gian Antonio Stella)




C'è un altro mondo, ed è in questo. - Paul Eluard -


Andrei

"Lo sguardo della mente comincia a scrutare in modo penetrante, quando quello degli occhi comincia il suo declino dal punto culminante" Socrate nel Simposio (Platone)


lt

Disse il saggio, cambiano i cazzi, ma i culi sono sempre gli stessi. Dalla saggezza popolare.




Di qui la domanda: se uno non si sente di appartenere tanto all’umanità che ha prodotto Auschwitz né a quella che si agita al ritmo del fun standard, significa che le due umanità sono la stessa: un’umanità che preferisce non pensare e che taylorizza tanto i suoi crimini che le sue gioie? di Luis de Miranda da: http://www.nazioneindiana.com/2008/02/13/e-qui-la-festa/


lt

Gli Inuit affermano che essere sciamano significa “nascondersi”. Lo sciamano è colui che “diventa seminascosto” oppure “chi si rifugia nell’impossibile nascondiglio”. Così facendo, disumanandosi in un luogo impervio e inimmaginabile, mantenendo tuttavia un legame con la sua gente umana per potervi fare ritorno, lo sciamano viene ucciso e sanato: impara a curare se stesso, per essere in grado di guarire gli altri. Apprende la lezione del nulla, ben iscritta nell’osso - impara, ripetutamente, a vivere la sua propria fine. di Francesca Matteoni da: http://www.nazioneindiana.com/2008/02/12/il-sogno-del-nomade-appunti-dalla-terra-estrema/


lt

Chiunque cerchi genuinamente è prima o poi folgorato dalla magnifica indifferenza di ciò che è bello, vivo e feroce nonostante l’essere umano. Francesca Matteoni da: http://www.nazioneindiana.com/2008/02/12/il-sogno-del-nomade-appunti-dalla-terra-estrema/


Davide
davide.russo3@studenti.unimi.it

Accavallò le gambe e si tirò un po' su la gonna. Si può andare in paradiso anche prima di morire. Bukowski


Davide

La schiavitù non è stata eliminata affatto, è solo stata allargata fino a comprendere i nove decimi della popolazione. Dappertutto. Santa Merda. Bukowski


Davide

"Perchè non smette di bere? Non ci tiene ad avere qualcosa dalla vita?". "Ho già molto. Un mucchio di mal di testa". da "l'ubriacone"(Barfly) di Bukowski



maravinto@gmail.com

La libertà non è una cosa che si possa ricevere per regalo. L'uomo che pensa con la propria testa e conserva il suo cuore incorrotto, è libero. L'uomo che lotta per ciò che ritiene giusto, è libero. Si può vivere nel paese più democratico della terra, ma se dentro si è pigri, ottusi, servili, non si è liberi. Malgrado l'assenza di ogni obbligo o violenza, si è schiavi. Non bisogna implorare la propria libertà dagli altri. La libertà bisogna prendersela, ognuno la porzione che può. __________ da "Pane e vino", I.Silone___________


Andrei

Io, ebreo e democratico, non mi sento razzista quando mi lamento affettuosamente con Albert, il fisarmonicista del mio gruppo a cui per tre volte è sparito il cellulare, sul fatto che proprio a me doveva capitare l'unico zingaro che si è fatto derubare... - Moni Ovadia in un'intervista.


Andrei

I bambini devono sapere che il genocidio è l'evento fondatore della nazione americana. - Ali Mazrui, intellettuale africano e americano.


Andrei

I migranti "desiderabili" con capacità, istruzione e capitali vengono lasciati entrare; gli "indesiderabili, gli illetterati, i poveri provenienti da culture, religioni e "razze" differenti vengono tenuti fuori. La globalizzazione è un processo di esclusione sociale. - Russel King


lt

Sempre attenti e spalle al muro non ci vuole uno scienziato per distinguere la merda dal cioccolato. da: http://www.sciechimiche.org/


Ln

Se mi chiedi di dirti a parole quello che penso - mi ritrovo povera - mi lasci disarmata. -- Lasciami tracciare i pensieri - colorarli - guarda la danza del mio corpo - e ascolta come modulo la mia voce e - forse - ciò che penso - per una di queste strade troverà una forma. _____________________________anonimo________________________


lt

Non soltanto si stabilisce una differenza tra la guerra regolare, fondata sull'idea di linea, di confine, da attaccare o difendere, e la guerriglia, che agisce invece sulla profondità, sulla discontinuità, sull'attraversamento costante delle linee per sabotarne il tracciato. C'è qualcosa in più. Lawrence sostiene che l'azione di profondità può e deve scombinare completamente la geometria di una campagna regolare: è agendo sullo scenario nel suo insieme che si disorienta l'avversario. La vittoria si deve piuttosto a un'azione intellettiva, a un cambiamento arbitrario di prospettiva, che non sfida la forza del nemico, ma la vanifica, la aggira e la rende inutile. Se un particolare punto geometrico sulla mappa del teatro bellico è di importanza strategica, la vittoria non consiste necessariamente nel riuscire a espugnare quel punto, in cui il nemico si sente inattaccabile, quanto piuttosto nel modificare la mappa intera per renderlo di secondaria importanza. Spostare l'azione altrove, insistere su altri punti, andarsene da un'altra parte e lasciare il nemico trincerato a difesa di un luogo divenuto inservibile. di WM4: http://www.wumingfoundation.com/italiano/outtakes/fluminis.html


lt

A Roma si fa la fede, altrove ci si crede. (prov. medievale) Da: http://www.antipapismo.it/


NKVD

"Тёмных, Светлых...Какая разница?" - Delle Tenembre, della Luce...qual'è la differenza? - Anton Gorodjetzrij


fsr

le cose che non conosci le trovi nei posti dove non sei mai stato. proverbio africano.


lt

"A chi difende il diritto di circolazione delle merci, limitando il diritto di circolazione delle persone, Graeber obietta: “se dobbiamo essere globalizzati, facciamolo fino in fondo: eliminiamo i confini nazionali. Lasciamo che la gente vada e venga come vuole, e viva là dove più desidera” Paura? Arriveranno i barbari ad abbeverarsi a San Pietro, come sognava quel romantico di Coerderoy? Ma facciamo ancora parlare Graeber, che secondo me coglie il nocciolo della questione: “ Nel momento in cui un abitante della Tanzania o del Laos non avrà più problemi legali per andare a vivere a Minneapolis o a Rotterdam, i governi dei paesi ricchi e potenti faranno di tutto per assicurarsi che la gente della Tanzania o del Laos preferisca starsene a casa propria.” Sostituite Laos con Romania e Rotterdam con Milano: il gioco è fatto. Se non volete essere invasi, finite di invadere. Fino a quando gli uomini d’affari italiani creeranno povertà nei paesi più deboli, non potranno ottenere altro che flussi di sventurati che vengono a bussare alle loro porte." di Alberto Prunetti, da: http://www.carmillaonline.com/archives/2007/12/002482.html#002482


fsr

I'VE GOT THE SPIRIT, BUT LOSE THE FEELING! - joy division -


Andrei

"In tutta questa quantità di scrittura e di immagine che ogni giorno leggo e trasformo, in questo intensificarsi del fenomeno internet, quanto ancora di forza si può generare, e quanto arcora stupidamente non cada nella rissa o solo nell'apparire, che non è socialità, non è progetto, non è ispirazione e non è nemmeno forza individuale, è solo desiderio cannibale di sé stessi, fino a gettarsi al centro della tavola." [...] " La forma del silenzio, del reintegro almeno di una parte di silenzio nella propria vita, che diviene magicamente una parte di ascolto, diventa fondamentale di fronte a questo continuo brusio da sagrestia, questo continuo urlare da stadio senza scopo, se non quello malcelato di voler ascoltare la propria voce. Sopra tutto." da La Reinvenzione del Silenzio, post di commiato di Babsi Jones (di lt)


Andrei

"...odori di frittate, minestre riscaldate, combattono lo smog di un diesel..." F.Guccini




chi è babsi jones. che ora non mi sovviene? bella comunque, proprio bella, la citazione.


lt

Ognuno urla la prpria idea, ognuno declama la propria fabula, e la cacofonia che otteniamo è quella che ci ostiniamo a chiamare democrazia. - Babsi Jones - Post di commiato




"Una persona non dovrebbe mai lasciare tracce cosi' profonde che il vento non le possa cancellare." Piedineri, tribù di Indiani d'America


l.

"Nel bel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai nel culo una matita" - saggezza popolare


lt

l'india ha dato il più grande botanico, mahavira (secolo VI a.C.), il fondatore del jainismo che ha proibito il consumo dei vegetali. il secondo grande indiano è Sir Jagadish Bose, il botanico. Buddha era, probabilmente, un imbroglione. Medico a Nanpur e botanico nato. - Mircea Eliade, India


fsr

you can scream and you can shout/but there's no way out


andrea

Cielo che nunn'hai occhi eppuru chiangi - Pippo Pollina


l.

Gli incendi che hanno invaso la Puglia quest'estate e secondo un comunicato ufficiale sono causati "dall'aumento delle temperature oltre i consueti limiti stagionale" e " da un lungo periodo di siccità". Dunque è colpa della natura. Forse non è l'uomo a distruggerla, ma lei che prova a suicidarsi. -Ascanio Celestini-


Davide Russo
davide.russo3@studenti.unimi.it

"L'arte del guerriero sta nel bilanciare il terrore di essere uomo con la meraviglia di essere uomo." -Carlos Castaneda


andrea

Ci si può inoltre domandare, chi possa avere queste visioni romantiche del luogo (...) se non chi si trova nella condizione di poter partire? - Doreen Massey, Pensare il luogo.


J.

...Ma s'io avessi previsto tutto questo...forse farei lo stesso...(F.Guccini)


l.

E più la televisione porterà con immediatezza, ma anche con superficialità, nelle case di tutti gli avvenimenti del mondo ridotto in pillola, più ci sarà bisogno di quelli che vanno a vedere, ad annusare, a commuoversi per una qualche storia vicina o lontana da raccontare a chi avrà ancora voglia di ascoltare. -Tiziano Terzani- "In Asia", Orsigna, aprile '98


fsr

the world is everlasting, put dirtballs in your pocket! -il mondo è eterno, mettiti in tasca i gomitoli di polvere!- regina spektor


J.

Ci sono gli umiliati e c'è la bellezza.Io non vorrei essere infedele nè agli uni nè all'altra.(A.Camus)


andrea

In Africa ogni anziano che muore è una biblioteca che brucia. -Amadou Hampaté Ba




Siate realisti, cercate l'impossibile - sul muro della Sorbona, 1968-


fsr

la casa, l'amore, il lavoro, tanto domani muori - scritta sul muro dell'itis lagrange-


fsr

the killer in me is the killer in you -billy corgan-




Nasci. Cresci. Speri. Muori. (Negrita)




WHEN THERE'S NOTHING LEFT TO BURN, YOU HAVE TO SET YOURSELF ON FIRE -stars-


Andrea

Non possiamo capirlo; ma possiamo e dobbiamo capire di dove nasce e stare in guardia. Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perchè ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre. (Primo Levi)


NKVD

A memoria di rosa non si è mai visto un giardiniere morire (Fontalnelle)


lt

PRE-EMBOLO Torniamo, tornati, al lavoro sul primo Giap dopo il superamento di quota 10.000, sovraccumulo di e-mail impossibile da smaltire, puzzo di bruciato un poco ovunque, ci guardiamo intorno, ascoltiamo, annusiamo, ci grattiamo le orecchie, finalmente esprimiamo un giudizio. Non sappiamo se la sentenza dei posteri sarà "ardua". La nostra è molto semplice da emettere, eccola qui, chiara e risplendente: 'Sto tossico compost di cetomediume vigliacco, eterna piccola borghesia razzista, massa omologata individualista annegata nell'abitudine, base sociale d'ogni fascismo e fascismetto, merda che olezza di merda... Questa ex-sinistra ormai sub-destra che, anziché muovere guerra alla povertà, muove guerra direttamente ai poveri e lo fa perché li odia, i poveri, li odia biliosamente, dal profondo delle budelle, prova ribrezzo per i poveri, perché puzzano, sono d'intralcio, sono pre-moderni, questa ex-sinistra dei vigili coi tonfa, questa ex-sinistra in piena "modenizzazione" (non è un refuso) che firma per aprire i CPT anziché per chiuderli, che rincorre e afferra al lazo gli istinti più ferini e prevaricatori, che fa l'apologia criminogena della roba, gli sghei, e in cambio di un voto "moderato" che non esiste (che significa essere "moderati"? Essere un po' contro le unioni civili? Essere moderatamente contro l'eutanasia? Essere al 50% come Schifani?) vende "sicurezza" a chi è già al sicuro, al contempo deturpando la vita e la dignità di chi campa appeso a un filo, questa ex-sinistra ormai sub-destra che ha trasformato la mediazione al ribasso in vera e propria masturbazione, vi si dedica gemendo di piacere, e ha come unico referente l'Homunculus, l'Homunculus che spia dalle persiane e teme, trema e teme, ha paura di tutto e di tutti, vive un terrore prefabbricato e media-stimolato come falso veder bestia quand'ombra (Inferno, canto II, 48)... Noi la disprezziamo, l'ex-sinistra ormai sub-destra, dello stesso disprezzo che essa riserva ai disperati. I lavavetri come emergenza nazionale, si scomodano i ministri, che la farsa sia con noi. Ipocrita idolatria della "legalità", Legalità con la Maiuscola, legalità placebo di ogni male, in un paese dove si iper-legifera per accontentare ogni lobby e cordata e non vi è norma che non sia in contrasto con mille altre. Questa ex-sinistra ormai sub-destra. Questa cofferateria diffusa. Fa male constatarle ma fa bene dirle, queste cose. Cazzo, sì, fa bene dirle. Tacendole s'intorbidano le acque. Tacendole si uccide la speranza che rimane. wu ming, Giap #13, VIIIa serie - Allons enfants - 5 settembre 2007


lt

PRE-EMBOLO Sempre democraticamente pigiatoTorniamo, tornati, al lavoro sul primo Giap dopo il superamento di quota 10.000, sovraccumulo di e-mail impossibile da smaltire, puzzo di bruciato un poco ovunque, ci guardiamo intorno, ascoltiamo, annusiamo, ci grattiamo le orecchie, finalmente esprimiamo un giudizio. Non sappiamo se la sentenza dei posteri sarà "ardua". La nostra è molto semplice da emettere, eccola qui, chiara e risplendente: 'Sto tossico compost di cetomediume vigliacco, eterna piccola borghesia razzista, massa omologata individualista annegata nell'abitudine, base sociale d'ogni fascismo e fascismetto, merda che olezza di merda... Questa ex-sinistra ormai sub-destra che, anziché muovere guerra alla povertà, muove guerra direttamente ai poveri e lo fa perché li odia, i poveri, li odia biliosamente, dal profondo delle budelle, prova ribrezzo per i poveri, perché puzzano, sono d'intralcio, sono pre-moderni, questa ex-sinistra dei vigili coi tonfa, questa ex-sinistra in piena "modenizzazione" (non è un refuso) che firma per aprire i CPT anziché per chiuderli, che rincorre e afferra al lazo gli istinti più ferini e prevaricatori, che fa l'apologia criminogena della roba, gli sghei, e in cambio di un voto "moderato" che non esiste (che significa essere "moderati"? Essere un po' contro le unioni civili? Essere moderatamente contro l'eutanasia? Essere al 50% come Schifani?) vende "sicurezza" a chi è già al sicuro, al contempo deturpando la vita e la dignità di chi campa appeso a un filo, questa ex-sinistra ormai sub-destra che ha trasformato la mediazione al ribasso in vera e propria masturbazione, vi si dedica gemendo di piacere, e ha come unico referente l'Homunculus, l'Homunculus che spia dalle persiane e teme, trema e teme, ha paura di tutto e di tutti, vive un terrore prefabbricato e media-stimolato come falso veder bestia quand'ombra (Inferno, canto II, 48)... Noi la disprezziamo, l'ex-sinistra ormai sub-destra, dello stesso disprezzo che essa riserva ai disperati. I lavavetri come emergenza nazionale, si scomodano i ministri, che la farsa sia con noi. Ipocrita idolatria della "legalità", Legalità con la Maiuscola, legalità placebo di ogni male, in un paese dove si iper-legifera per accontentare ogni lobby e cordata e non vi è norma che non sia in contrasto con mille altre. Questa ex-sinistra ormai sub-destra. Questa cofferateria diffusa. Fa male constatarle ma fa bene dirle, queste cose. Cazzo, sì, fa bene dirle. Tacendole s'intorbidano le acque. Tacendole si uccide la speranza che rimane. wu ming, Giap #13, VIIIa serie - Allons enfants - 5 settembre 2007


l.

Se creazione del bene è la morte,il dolore,il vincolo morale delle leggi religiose, se le caste sacerdotali, il potere dei nobili sono creazioni del bene, se creazione del bene è la proprietà, le battaglie, i roghi, le inquisizioni, se bene è il sacrificio, il dolore,allora è nel suo contrario la ragione,nel suo contrario è il luogo della felicità e della libertà. Il male non diviene altro che contrario di un bene spietato, falso, ingannevole e assassino. [...]Ciò che viene definito bene è soltanto ciò che è imposto, null'altro che l'ordine e le consuetudini costituite. (R. Saviano,introduzione a "la rivolta degli angeli")


l.

Tu non hai fame? (a.)




Uno dei primi riferimenti al termine "troll" che si trovano nell'archivio Usenet di Google è dell'utente "Mark Miller", rivolto all'utente "Tad" l'8 febbraio 1990. Però non è chiaro se il significato inteso da Miller fosse quello odierno o se avesse soltanto scelto un epiteto fra i molti possibili: « Sei talmente lontano dall'essere in grado di capire qualunque cosa dica una qualsiasi delle persone qui, che (questa conversazione) sta approssimandosi all'inutilità. La cosa più triste è che credi davvero che tu stia vincendo. Sei uno scioccante spreco di risorse naturali: gentilmente, reinserisciti nella catena alimentare... fetente troll senza cervello. » dalla definizione di Troll, su wikipedia


andrea
outime12@yahoo.it

Tra un bicchiere di neve / e un caffè come si deve / quest'inverno passerà. (Fossati, credo)


lt

Caduta la divisione fra destra e sinistra, finiti gli –ismi, come dice Walter, la verità non sta più nella retorica politica. Forse neanche più nella politica. “La Verità è un mobile esercito di metafore”, come scriveva Nietzsche. Gli uomini invece restano spesso uguali a se stessi per il tempo che il destino assegna loro. Forse è un difetto. Ma è ciò che li rende umani, troppo umani. - Lessico veltroniano: il partito che affascina di Sbancor - www.carmillaonline.com


l.

-Non ho mai viaggiato...- -Lo stai facendo, ORA!- Thelma&Louise


lt

Intervistato dai giornalisti sull’assassinio di John F. Kennedy nel novembre del 1963, Malcom X ha risposto – forse con fin troppa indulgenza – che, molto semplicemente, “chi semina vento raccoglie tempesta”.


lt

Sei un minchia. Ragioni con la minchia. Sei una protesi della tua stessa minchia. - Il caso scafroglia




avremo le stelle. avremo gli alberi, avremo tutto quello che ci sevirà per nutrirci. pj harvey


fsr

vorrei essere yuri gagarin (p.j.harvey)




Anche il cane bianco che continua / a sbraitare dal balcone / il suo solito sermone contro la contraccezione (punkreas)




Il più bello dei tuoi giorni devi attraversare, la canzone tua più dolce è da cantare, tu non arrenderti così sul confine. Il più verde dei tuoi mari devi navigare, il più rosso vino devi ancora bere, tu non fermarti proprio lì sul confine. ... Il più bello degli amori che hai ancora da incontrare, l'ultimo libro devi raccontare, combatti ancora un po' per me sul confine. Il più grande amico deve ancora accompagnare, le lunghe estati insieme da viaggiare, tu aspettami soltanto un po' sul confine. Tu non fermarti proprio lì, sul confine (Cristiano De Andrè - SUL CONFINE)


andrea
outime12@yahoo.it

"Ma se uno dei motori è fuori uso, dove ci porterà l'altro?" "Fino al luogo della sciagura. Che è perfetto, perché è lì che stiamo andando" - Daniele Luttazzi; I giardini dell'epistassi.




I would' ve liked me a lot last night. mi sarei piaciuta un sacco ieri sera. -arab strap-




me ne vado. me ne vado e lo odio. -offlaga disco pax-


andrea
outime12@yahoo.it

"Lei chiese la parola d'ordine, / il codice d'ingresso al suo dolore. / Lui disse non adesso, / ne abbiamo già discusso troppo spesso, / aiutami piuttosto a far presto / il mio volo lo sai partirà / tra poco più di due ore" (F.De Gregori - Compagni di viaggio)


andrea

"ognuno vada dove vuole andare, ognuno invecchi come gli pare, ma non raccontare a me che cos'è la libertà" (F. Guccini)


lt

“Quando tutto accade veloce, impara a essere lento.” - Philip Lacroix Ronaterihonte


fsr

e sei innocente mentre sogni, mentre sogni, sei innocente, mentre sogni. tom waits.


andrea
outime12@yahoo.it

There was no tomorrows, we'd packed away our sorrows And we saved them for a rainy day. [Non c'era nessun domani, avevamo messo via i nostri dolori e li avevamo risparmiati per una giornata di pioggia] - Tom Waits; Martha.


giova
giovakologno@yahoo.it

"Una parola è troppa, e due sono poche" Nonno Libero




"E' il tarlo. E' il tarlo che deve entrarti in testa, perchè una volta che c'è, non può non scavare. Ti scava dentro. Fino a quando riconosci la necessità di cambiare, perchè sai che così non va...è il tarlo, il tarlo...." uomini in cammino




"La teoria è quando si sa tutto ma non funziona niente. La pratica è quando funziona tutto ma non si sa il perché. In ogni caso si finisce sempre con l'unire la teoria con la pratica: non funziona niente e non si sa il perché." A. Einstein


lt

'LIVE FOR MONEY' T-shirt in Milano


fsr

I want you to need me. not to feed me.


fsr

era bello cadere come le foglie sopra le foglie. il mondo prima che arrivassi te il mondo prima che arrivassi te. il mondo prima che arrivassi te. era bello. -tre allegri ragazzi morti-




"go to hell" " fuck you" "go to hell" "fuck you" "go to hell" "fuck you" "I love you" "I love you,too" -lisa germano- che non vedrò stasera perchè sono a suonare. e mi pesa.


fsr

dire qualcosa mentre si è rapiti dall'uragano: ecco l'unico fatto che possa consolarmi di non essere io l'uragano. emidio clementi-


laura

perchè.. alla fine, se fossi una donna mi amerei!!! -mario-


fsr

I'm tired, I'm weary. I could sleep for a thousand years. -velvet underground-


J.

Anche se voi vi credete assolti siete per sempre coinvolti.(F. De andrè)


manuel

ciao Valentina! (Rossi nello spot in tv)


fsr

non sono stato io. era già così quando sono arrivato io. -bart simpson-


J.

"Tutti morimmo a stento" (F: De Andrè)


fsr
misscompromiss@gmail.com

i'm a dime. i'm fine. I shine. i'm silver-plated. i'm under-rated. you won't even pick me up.


manuel
manuel.allegro@libero.it

Vaffanculo la maggioranza! (Benigni) -non capendo se sia vero o no-


Laura n
laura.notarangelo@gmail.com

Lentamente muore - chi diventa schiavo dell'abitudine, - ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, - chi non cambia la marcia, - chi non rischia e cambia colore dei vestiti, - chi non parla a chi non conosce. - Muore lentamente chi evita una passione, - chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni, - proprio quelle che fanno brillare gli occhi, - quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso, - quelle che fanno battere il cuore davanti all'errore e ai sentimenti. - Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, - chi è infelice sul lavoro, - chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno, - chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati. - Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. - Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; - chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante. - Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, - chi non fa domande sugli argomenti che non conosce, - chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce. - Evitiamo la morte a piccole dosi, - ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare. - Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità. - - - (Pablo Neruda)


Andrea
outime12@yahoo.it

"Nina ci vogliono scarpe buone / e gambe belle, Lucia / Nina ci vogliono scarpe buone / pane, fortuna e così sia. / Ma soprattutto ci vuole coraggio / a trascinare le nostre suole / da una terra che ci odia / ad un'altra che non ci vuole." - Ivano Fossati; Pane e coraggio (da Lampo Viaggiatore)


Andrea
outime12@yahoo.it

"Io so che l'odio, come la rabbia, ha una sua funzione nell'evoluzione della società, perché l'odio infonde energia e la rabbia provoca movimento. Esistono ingiustizie ed abusi antichi e profondamente radicati che soltanto inondazioni di odio e di rabbia riescono a sradicare e sommergere. Quando queste inondazioni cessano e spariscono, rimane lo spazio della libertà, per la creazione di una vita migliore. [...] Ma quello che ho visto in Bosnia è qualcosa di diverso. Quell'odio non è un episodio dell'evoluzione sociale e parte ineluttabile di un processo storico, ma un odio che insorge come energia autonoma che trova in se stessa il proprio scopo, l'odio per l'odio. L'uomo che spinge l'uomo contro l'uomo per spingere poi ambedue gli avversari nella miseria e nella tragedia o mandarlo sotto terra; l'odio che, simile al cancro nell'organismo, consuma e azzanna ogni cosa intorno a sé per poi morire esso stesso, perché tale odio, come la fiamma, non ha un volto costante nè una vita propria; è semplicemente un'arma dell'istinto di distruzione o di autodistruzione, solo come tale esso esiste ed esiste solo fino a che non avrà eseguito il proprio compito di totale distruzione. [...] Nella maggioranza dei casi, voi siete abituati a riversare sul vostro prossimo tutta l'energia dell'odio. I vostri amori sacri di solito si trovano al di là di trecento fiumi e di trecento montagne, mentre gli oggetti della vostra ripulsa e del vostro odio stanno accanto a voi, nella stessa città, spesso dalla parte opposta del vostro cortile. In tal modo il vostro amore non richiede molta opera, e il vostro odio passa molto facilmente dalle parole ai fatti." Una lettera del 1920, lettera di Max Levenfeld a Ivo Andric da Racconti dalla Bosnia, a cura di Giacomo Scotti.


vivi

E' notte, non c'è gente lungo la strada. Mai verrò a baciarti. Tu mi stai aspettando (io sono per altre labbra). -Garcìa Lorca-


lt
vulviavox@yahoo.it

Il medium e lo sciamano: questi due pontefici eterni della nostra specie – ecco i narratori. Chi sogna non subisce: agisce, cresce, sorpassa ogni trauma. genna, su www.carmillaonline.com


fsr

spegni quella merda di luce,dio/ non voglio vedere la mia faccia/ mi tradirà ogni giorno/ credi che io non sappia?/ credi che io non sappia/ di cosa stanno parlando? -trad. da flower, eels-


fsr

il ladro di anime non avrà la mia/ ha mangiato la mia carcassa nel buio di una galleria/ il ladro di anime non avrà la mia/ può appendermi per il collo, in mezzo alla via/ ma il ladro di anime non avrà la mia. -traduzione libera da souljacker part II,eels-


Andrea
outime12@yahoo.it

"Aprile è il più crudele di tutti i mesi, genera / lillà dalla terra morta, mescola / memoria e desiderio, desta / radici sopite con pioggia di primavera. / L'inverno ci tenne al caldo, coprendo / la terra di neve immemore, nutrendo / una piccola vita con tuberi secchi." - Da 'La terra desolata', di T.S. Elliot


lt
vulviavox@yahoo.it

La moltitudine è una rete di individui per sua natura esterna allo stato e al comando capitalistico. Una rete che ha la propria unità in se stessa, che costituisce senza troppi cazzi una sfera pubblica non statuale. 'Imperium' di Fabio Ciabatti e Luca Nutarelli


Laura
laurapelly@fastwebnet.it

"La costanza di un'abitudine è di solito proporzionale alla sua assurdità" Marcel Proust


Andrea
outime12@yahoo.it

A che serve protestare quando nessun onesto figlio del popolo può raggiungere traguardi al di fuori dell'immaginario collettivo? F. De Andrè


lt
vulviavox@yahoo.it

Chiaro Mori, “Chiarone”, visse nei boschi, o nei poderi vicino ai boschi di Grosseto, per circa 12 anni, e fu una vera spina nel fianco per le autorità fasciste del grossetano. Duro e armato, Chiaro ama però i balli contadini, i contrasti in rima e la musica e di quando in quando frequenta i poderi dove si tiene qualche festa. Una sera Chiaro si diverte in un ballo in un podere quando viene avvertito dell'arrivo dei carabinieri [...] sul pianerottolo si trova dinanzi un brigadiere che gli chiede se c’è nel salone il Mori. Dimostrando spirito e sangue freddo, Mori risponde: “Quando c’ero c’era, ora ‘un c’è più”. Poi aggira il milite, frastornato dalla potenza logica dell’argomentazione, e si dilegua nelle macchie circostanti. 'Potassa. Storie di sovversivi, migranti, erranti, sottratti alla polvere degli archivi' di Alberto Prunetti


J.
contisilviacorse@tiscali.it

"BISOGNA ESSERE DURI, SENZA PERDERE LA TENEREZZA" (ERNESTO GUEVARA)


Andrea
outime12@yahoo.it

"Il mondo è storto, aspetta in coda appeso a un semaforo" - Litfiba




ti ho detto: non ti lascerei mai senza una buona ragione. e anche se non dovessi mai arrivare a farlo,beh,è bello avere delle opzioni. traduzione libera da "options" di pedro the lion


Laura
laurapelly@fastwebnet.it

C'è un grande silenzio dove non c'è mai stato suono... C'è un grande silenzio dove il suono non può esserci... ...Nella fredda tomba del profondo mare. -The piano-


Andrea
outime12@yahoo.it

"Fa male davvero pensare che vengano prese misure repressive contro persone come queste. Lasciando da parte il pericolo che può rappresentare o meno per la vita sana di una collettività il 'verme comunista', che si era annidato in lui, non era niente di più che un naturale anelito a qualcosa di migliore, una protesta contro la fame inveterata che si era tradotta nell'amore per quella dottrina estranea, la cui essenza non avrebbe mai potuto comprendere, ma la cui semplice traduzione in 'pane ai poveri' esprimeva parole che erano alla sua portata, di più, che colmavano la sua esistenza" (Ernesto Guevara; Latinoamericana - diario di un viaggio in motocicletta)


andrea
outime12@yahoo.it

Lì abbiamo capito che la nostra vocazione, la vera vocazione, era viaggiare in eterno per le strade e i mari del mondo. Eternamente curiosi; osservando tutto ciò che potesse comparire davanti alla vista. Annusando ogni angolo, ma sempre con discrezione, senza piantare radici in nessuna terra, nè fermandoci a studiare il substrato di qualcosa; la periferia ci bastava. (Ernesto Guevara; Latinoamericana. Diario di un viaggio in motocicletta).


Laura
laurapelly@fastwebnet.it

"Pensar male non è bene, ma ci si azzecca quasi sempre!"- Oscar Luigi Scalfaro


giovanni
giovakologno@yahoo.it

"una parola è troppa, e due sono poche" - Nonno Libero


fsr
misscompromiss@gmail.com

tu di notte dormi e io invece ho l'insonnia. jacques prevert


fsr
misscompromiss@gmail.com

I wanna be your joey ramone -sleater kinney-




"Se è davvero così, se ti senti tra parentesi, permettimi allora di infilarmici dentro, e che tutto il mondo ne rimanga fuori, che sia solo un esponente al di fuori della parentesi e ci moltiplichi al suo interno." (Che tu sia per me il coltello, David Grossman)


Andrea
outime12@yahoo.it

"Ipocrisia naturalmente: ma la legge è appunto la provvisoria ratifica dell'ipocrisia vigente" - Adriano Sofri


Laura
laurapelly@fastwebnet.it

"Ogni tanto, nelle giornate di vento, scendeva fino al lago e passava le ore a guardarlo, giacchè, disegnato sull'acqua, gli pareva di vedere l'inspiegabile spettacolo, lieve, che era stata la sua vita." (da "Seta"- Alessandro Baricco)


Andrea
outime12@yahoo.it

La vita è un ponte. Percorrila, ma non costruirvi alcuna casa. - proverbio indiano.

Alberto Prunetti - Potassa

di lt


Usata per fiammiferi, saponi e esplosivi, la potassa è un agente corrosivo, qualcosa che allarga i suoi confini, blandendo e lacerando quelli altrui. Non è il potente lavorìo dell'acqua, né il suo lento scavare nella roccia, è il deflagrare, l'irrompere e lo squartare, è il gioco, la danza del fuoco.

Se qualcuno volesse farsi un'allegra carrellata fra i poeti briganti e la sbirranza fascista dell'inizio secolo scorso nella Maremma, con qualcuno che racconta storie colorite, che non sono solo archivio, romanzo storico o fouilletton, che abbiamo un tono e un colore, una partecipazione, del sentimento narrativo, della passione, che scorre tra le parole, le incursioni di Alberto fanno al caso suo.

Così conosciamo storie della nostra storia, quelle vecchie fandonie sulle risse d'osteria, sulla rima, sulle pistole e sui nascondigli che non sono da nessuna parte. Io sono di Cascina Gatti e si narrava che mio nonno, ormai nel secolo scorso, assieme ai suoi compari, andasse per le osterie di San Maurizio a tirar su rissa e a rubar donne nelle sere in cui non c'era niente da fare. Quando l'ho conosciuto aveva una moglie, di San Maurizio, che poi era mia nonna, e conosceva una sola medicina per ogni tipo di male, il vino.

Nelle storie variegate e intrecciate che ho letto qui dentro, di cui si può avere una sana anteprima qui, sono molte le cose che mi rimangono in mente, più di tutte il colpo fulmineo della rima:

«Chiaro Mori, “Chiarone”, visse nei boschi, o nei poderi vicino ai boschi di Grosseto, per circa 12 anni, e fu una vera spina nel fianco per le autorità fasciste del grossetano. Duro e armato, Chiaro ama però i balli contadini, i contrasti in rima e la musica e di quando in quando frequenta i poderi dove si tiene qualche festa. Una sera Chiaro si diverte in un ballo in un podere quando viene avvertito dell'arrivo dei carabinieri […] sul pianerottolo si trova dinanzi un brigadiere che gli chiede se c’è nel salone il Mori. Dimostrando spirito e sangue freddo, Mori risponde: “Quando c’ero c’era, ora ‘un c’è più”. Poi aggira il milite, frastornato dalla potenza logica dell’argomentazione, e si dilegua nelle macchie circostanti.»

Le genialità della lotta, il piacere del proprio diritto all'esistenza, alla resistenza è tutta qui, «Quando c’ero c’era, ora ‘un c’è più, parole che fanno ridere, che sanno di sberleffo, ovvie e stupendamente argute, scandite dai suoni vocalici che si intrecciano in uno scioglilingua quasi infantile…poi di colpo un'intuizione: mi metto a contare le sillabe. Sono 10, con un’ultima sillaba accentata: è un endecasillabo tronco.»

L' arte della fuga è qualcosa di fluido, è la sottrazione al combattimento, ma è una sottrazione ruvida, qualcosa che screpola le mani e punge dritto nell'animo, una boxe dell'ombra che rende voracemente intoccabili, un'arte superba, che torna a ricongiungere la forza senza forma dell'acqua con quella deflagrante del fuoco, è un'alchimia difficile, è qualcosa che assomiglia all'arte del cantastorie, a ciò che si nasconde fra le parole, e ne fa capolino nell'arte accorta e millenaria del voler raccontare.

Ovunque proteggi, Vinicio Capossela

di Andrei


Il 19 gennaio di quest’anno è uscito, su etichetta Atlantic-Warner, “Ovunque proteggi”, il sesto disco di Vinicio Capossela, composto di 13 brani che, ad un primo ascolto, sembrano non avere niente in comune tra loro: questo disco è una specie di labirinto – spiega lo stesso Vinicio in un’intervista a Radio Popolare, si entra da diversi punti e poi si finisce mangiati. Ciò che invece nel disco ricorre, è un continuo fare riferimento alla religione cristiana, a partire dal titolo che dà immediatamente la chiave di quella che è “la sua geografia”. Religione come folclore, come sacre scritture, come intima religiosità e, perché no, come Dio.
Il primo brano si intitola “Non trattare” e trae spunto dal Salmo 59, invocazione di Davide a Dio affinché lo protegga dai messaggeri di Saul, venuti per ucciderlo (cfr il “Primo libro di Samuele”, c.18). Il salmo è richiamato nel brano con le parole “guardali Signore/latran come cani/vengono la sera/son tutt’intorno alla mia casa […]”. Ci sono riferimenti anche ad altre letture (l’Apocalisse, l’Ecclesiaste), ma “il pezzo – dice l’autore – riprende molte cose che stanno alla base delle sacre scritture, questa esortazione a mantenere l’unità, a non uscire dalla strada e a invocare la protezione di un Dio niente affatto misericordioso, ma severo e terribile, il Signore degli Eserciti…”. Capossela si dice affascinato dalla forza poetica e suggestiva delle antiche scritture: “è un po’ come usare, invece della carta, la pietra”.
Dal punto di vista musicale il brano ammicca a sonorità orientali, facendo scarso uso, come in tutto il resto dell’album, di strumenti occidentali: nel libretto che accompagna il CD sono citati come strumenti, tra gli altri, “teste di morto” e “mascella d’asino”. Viene spontaneo notare l’influenza di Tom Waits (forse condizionato dall’a dichiarata e grande passione di Vinicio per quest’autore), soprattutto per il modo di creare un groove fatto di suoni sferraglianti, possenti e spregiudicatamente indelicati (nei primi due brani del CD). In realtà, proseguendo con l’ascolto, non ci sono dubbi sul fatto che si tratta di un lavoro assolutamente originale e che sia proprio la gran quantità e qualità di citazioni e riferimenti, sia musicali che letterari, a conferirgli l’importanza che merita.
Nel secondo brano, “Brucia troia”, si richiama l’Edipo Re di Pasolini, partendo dalla visione, suggerita all’inizio del pezzo, della donna incinta come un essere che ha quattro braccia e due teste e del figlio che verrà “e si prenderà il tuo posto nel mondo/come ora ha rubato l’amore di lei”. La registrazione è avvenuta in una grotta, in Sardegna, “per dargli anche nel suono un’atmosfera molto primitiva, primordiale”. Il testo è molto ben espresso dalla musica, e dall’arrangiamento molto elaborato ed originale, in cui la chitarra elettrica e il basso si fondono con i tamburi e gli altri strumenti “preistorici” nell’osare, finalmente, un suono nuovo, diverso (il tono polemico non riguarda Capossela).
Il terzo brano, “Dalla parte di Spessotto”, è “un brano sulle miserie della mia infanzia, dove già ti rendi conto se sei dalla parte di Davide o di Spessotto (un Golia indifeso, piccolo, forse misero; ndr)”. Musicalmente si ha la sensazione, a differenza dei due brani precedenti, che non sia una novità, ma è comunque un Vinicio all’altezza di se stesso, che nell’intervista definisce questo pezzo un “fischiettando sul baratro”.
Moskavalza, il quarto brano, è un omaggio alla Russia e ad alcuni suoi personaggi (“i denti di Stalin/mordono la notte”). È caratterizzato da un ritmo molto veloce e monotono, mentre il cantato suggerisce l’idea del delirio, con alcune parole in russo e un ritornello incentrato sulla “vodka nella vaska”.
“Al Colosseo” rievoca le colonne sonore dei film ambientati nell’antica Roma, e in particolare delle scene dei “tornei” che, nell’arena, si concludevano spesso con la morte del vinto, con gran divertimento da parte del pubblico. Il Colosseo “è la metafora perfetta del macellificio senza senso […], non importa chi vince o chi perde, comunque si finisce in pasto al pubblico, si finisce a pezzi”.
Alla fine della quinta traccia troviamo “Il rosario de La carne”, che è il preludio della successiva. La parola carne, ripetuta ossessivamente (“nella carne che sei/nella carne che ritornerai”), suggerisce col suo stesso suono l’idea del suo significato; una parola che “solo a pronunciarla crea caos sotto la pelle”.
“Il Rosario de La carne” ci porta a “L’uomo vivo”, che ha come tema la resurrezione della carne e di Gesù Cristo. Il brano fa riferimento ad una processione che ogni anno avviene a Scicli (Ragusa) nel giorno di pasqua, dove più che la solennità viene celebrata la Gioia di un Cristo talmente contento di essere risorto “che nemmeno lui sa dove andare”, che viene portato in giro in spalla dai paesani come un “Cristo da corsa” che non ha avuto nemmeno il tempo di resuscitare, che subito l’hanno portato a mangiare. La musica dà precisamente l’idea della festa di paese, tant’è che vi suona anche il corpo bandistico “A. Busacca” di Scicli. L’arrangiamento e la direzione musicale sono di Roy Paci, che qui suona anche la grancassa.
In “Medusa cha cha cha” si parla della tragica storia della medusa che, a causa di un peccato d’amore, rende di pietra chiunque essa guardi negli occhi. Ed è un problema, dato che non è comodo abbracciare un sasso, un baccalà. Quindi la medusa dice “Non guardarmi negli occhi per favore/ti ho già pietrificato il cuore?” e suggerisce: “toccare ma non guardare/è buona regola da imparare”.
L’ottavo brano, “Nel blu” è un walzer che prende spunto dal quadro di Degas “Ballerine nel blu”. E’ stato registrato il giorno di ferragosto al Teatro delle Voci, un auditorium tutto in legno che si trova a Treviso. Musica e parole si muovono insieme, dall’inerzia al blu, liberato dall’incantesimo della parola magica: Ta Da… (“L’illusione è tutto nella vita”).
Nutless è la storia di un’amicizia “epica” legata al passato. “Dov’è che siam rimasti a terra/Nutless?”; “dov’è che i muri/si sono chiusi addosso?”; “questo andare a letto presto… quand’è iniziato…/che potevamo andarcene a ragazze giù al lido/affanculo questa serietà/questa lealtà…/tutta questa impresa/e poi il sabato all’Iper, a fare la spesa…”; “dov’è che abbiam ceduto il capo al sonno…/al vapore, alla cucina, al caldo, al televisore”; “Non sarà tardi più”.
“Pena del alma” è un brano tradizionale messicano sul quale Capossela ha riscritto il testo in italiano; è una serenata di una semplicità struggente: “Che farò lontan da te pena dell’anima”.
L’undicesimo pezzo si intitola “Lanterne rosse”, “un brano sull’attesa, sulle ombre” che ci porta, sia col testo (“Il drago è solo/gli uomini ne fanno un Dio”) che con l’arrangiamento (ci sono strumenti e un musicista cinesi), in Cina. La melodia però è semplice e dolce; la voce gioca con le note basse e trasmette una pace inquieta che sa di calma di mare e di notte. È un brano carico di immagini suggestive, che parla di qualcuno che deve arrivare, da solo, nel buio e di lanterne rosse che tremano aspettando l’ospite.
Si passa poi alla “Santissima dei naufragati”, una lunga poesia davvero notevole, recitata sopra un armonium, un violoncello e le voci di un coro, che sul finale si uniscono all’organo. Trae spunto da “La Ballata del vecchio marinaio”, scritta da S.T.Coleridge nel 1798 e ci conduce in un’ambientazione spettrale, rendendo bene l’idea del timor di Dio, della disperazione dell’uomo, del suo aver bisogno di salvezza. È registrato nella chiesa di S.Cristoforo dei Navigli, a Milano.
L’ultimo pezzo, che dà il titolo all’intero album, è una ballata struggente in perfetto stile Capossela, bella quanto le altre, forse di più. Arriva come un lieto fine a rinfrancare l’animo di chi ha ascoltato fin qui, a calmare le acque tanto agitate del brano precedente ed è l’invocazione conclusiva che chiude il cerchio del disco. La musica di questo brano risale a molto tempo fa, dieci anni, ma soltanto ora ha trovato la completezza perché, come ha spiegato l’autore, bisogna saper riconoscere quando le proprie creature sono mature e bisogna inserirle nel disco giusto; “questo era il disco giusto!”.
Una curiosità: il CD si può comprare, a scelta, nella classica custodia di plastica o in quella, più ecologica e regale, in cartoncino.

Andrei

“MAGHI E VIAGGIATORI” RECENSIONE/RIFLESSIONE STIMOLATA DALL’OMONIMO FILM “MAGHI E VIAGGIATORI” DI KHYENTSE NORBU

di Davide Russo


Titolo originale: Chang hup the gi tril nung - Travellers and Magicians
Nazione: Bhutan/Gran Bretagna
Anno: 2003
Genere: Avventura
Durata: 107'
Regia: Khyentse Norbu
Cast: Tshewang Dendup, Lhakpa Dorji, Sonam Kinga, Sonam Lhamo, Deki Yangzom

Immagina di recensire un film ambientato in un posto che non sai nemmeno dov’è precisamente collocato come può essere il Bhutan. Sì, se hai un minimo di cultura geografica sai che è lì in Asia, tra Cina, India, Nepal e Tibet, ma non sapresti dire precisamente dov’è questo piccolo regno (sì, perché di un regno si tratta), perso tra le infinite montagne dell’Himalaya, dove la terra cerca di raggiungere e di afferrare il cielo, protendendo al massimo le sue lunghe dita in un gesto disperato e titanico. Penso che per il solo fatto di provenire da un paese simile, un film meriti di essere recensito, almeno per due principali motivi.
Il primo vale in generale per tutti i paesi emergenti: c’è bisogno di vedere film provenienti da altre realtà, che ci mostrino autori che tentano di filtrare la modernità attraverso griglie interpretative culturali totalmente differenti dalla nostra. E questo film mi sembra un ottimo esempio, visto che è profondamente intriso di cultura buddhista (il Buddhismo in Bhutan è religione nazionale), anzi è un film che si potrebbe definire profondamente buddhista nella sua essenza e questo ha i suoi lati positivi, come anche i suoi lati negativi, come si vedrà in seguito.
Il secondo motivo è che stiamo parlando di una terra di sogno, dov’è è difficile distinguere nettamente il confine tra la percezione reale e l’apparenza della visione onirica. Per i Buddhisti questo “limite” non esiste, e infatti la dicotomia realtà - apparenza è una delle colonne portanti del film sia dal punto di vista narrativo, visto che il film alterna il racconto di una storia fantastica da parte di un monaco buddhista e il viaggio di un'eterogenea compagnia di persone su “moderne” (fino a un certo punto) strade in direzione della capitale Thimpu per partecipare a una festa religiosa; sia dal punto di vista metafisico e dei contenuti, visto che la morale del film è la tipica concezione buddhista secondo cui l’attaccamento alle illusioni, come possono essere anche sogni e speranze, genera sofferenza e deve essere abbandonato, attraverso una precisa presa di consapevolezza (il risveglio della mente) e un progressivo percorso etico e morale di distacco dalle cose del mondo.
Penso che qualcuno fin qui possa storcere il naso, accusandomi di aver perso il filo del discorso e di aver deviato da quella che possa essere una recensione tradizionale, che inizia presentando la trama del film e poi alla fine aggiungendoci uno stringato commento e il proprio giudizio in termini di numeri o di categorie moralistiche , come possano essere bello, brutto, esagerato, ecc…
Se cercate qualcosa di simile, andate da un'altra parte, visto che non era mia intenzione impostare questa recensione in questa maniera. Ho selezionato ciò che reputo più interessante e l’ho sviluppato, non seguendo nessuno schema o regola di come debba essere fatta una recensione. Probabilmente è venuto fuori qualcosa di diverso e cangiante, meno definibile: in tal caso… meglio così! D’altro canto la trama di “Maghi e Viaggiatori” è sinceramente poca cosa e secondo il mio parere il punto più basso del film, visto che è molto semplice e anche banale. Il film non è un capolavoro, ma ha il pregio di avermi stimolato delle interessanti riflessioni, e questo è indubbiamente un punto a suo favore.
Il giovane Dondup sogna di andare in America, vista da lui come la lontana “ terra dei sogni” dove tutto è possibile, ed è insofferente per tutto ciò che è tradizionale e rurale nel suo piccolo villaggio. L’occasione per partire arriva, ma Dondup perde l’autobus che lo avrebbe portato nella città più vicina per iniziare il suo viaggio. Deciso a proseguire, si ritrova in compagnia di un monaco buddista, un contadino e un artigiano di carta di riso con la sua giovane figlia. Il viaggio procede mescolando i racconti fantastici del monaco con il progressivo allacciarsi dei rapporti, che spingono Dondup a rivedere la sua filosofia di vita e a riconoscersi nelle cose a lui più vicine.
Il monaco racconta la favola di Tashi, un “sognatore” come Dondup, anch’egli desideroso di viaggiare e vedere posti nuovi, a cui capiterà una magica avventura per colpa di un sortilegio del fratello minore. Si vedrà che in fondo non c’è differenza tra queste due narrazioni parallele, è sempre la stessa storia, interpretata da personaggi diversi. Si tratta della riscoperta da parte del giovane, abbagliato dal mito dell’Occidente e desideroso di viaggi e di novità, della cultura tradizionale del suo popolo, delle sue radici e della sua terra. Il viaggio stesso, compiuto quasi totalmente a piedi, è un percorso di formazione, di maturazione, come d’altronde ogni viaggio è sempre stato e cioè un’occasione di arricchimento della propria esperienza e conoscenza, degli altri e del mondo, come di sé stessi, visto che le due cose vanno di pari passo e si influenzano a vicenda. Non c’è interiorità senza esteriorità e viceversa non c’è esteriorità senza interiorità, in un continuo interscambio e contaminazione di interno ed esterno, che abbatte qualsiasi astratta e presuntuosa delimitazione, permettendo il fluire e lo sfumare dei due mondi, l’uno nell’altro, in un qualcosa di unico, eccitante ed indefinibile. Per questo ogni viaggio è unico e irripetibile, portatore di impressioni e sensazioni sempre diverse e multicolori.
Si percepisce, e questa è secondo me una differenza fondamentale tra le produzioni occidentali e quelle orientali e riflette anche una più profonda differenza metafisica e culturale, una diversità di ritmi: nel film il tempo è dilatato, espanso, talmente lento da essere quasi impercettibile e questo contribuisce alla sensazione di essere sospesi tra sogno e realtà, in un atmosfera fluttuante, fantastica e illusoria.
C’è da dire un'altra cosa, e cioè che la bellezza del film è data anche dalla maestosità e purezza dei paesaggi spettacolari del Bhutan. Terra immersa nel verde delle altissime montagne, dove ancora esiste una sola strada in mezzo alla natura incontaminata, di terreno battuto, non asfaltata, dove passano ancora pochissime macchine, presenze solitarie ed estranee a quel territorio mozzafiato.
È un ambiente che porta naturalmente lo sguardo a perdersi nel sublime, nell’immensamente grande, al cui confronto si rivela tutta la nostra insignificanza. Osservando questi luoghi, capisco anche il perché il Buddhismo si sia affermato in una maniera così pregnante, necessaria e fondamentale in questa gente, in Bhutan, come in Tibet o in Nepal, che è difficile parlare di teocrazia nel senso che è stato sviluppato dai teorici occidentali a proposito della Chiesa Cattolica o di altre istituzioni simili, e tentare di azzardare confronti. Queste operazioni a tavolino lasciano il tempo che trovano. A vedere la calma e la serenità che traspira, quasi uscendo dallo schermo, da queste montagne, viene difficile pensare ad un imposizione dall’alto, quanto piuttosto ad un fermarsi ad ascoltare ciò che ci circonda, in cui siamo immersi, e svuotarsi di tutto ciò che è effimero, contingente e superfluo, abbandonandolo, per diventare una cosa sola col tutto, con questo soffio dell’Infinito, dell’Assoluto, che è il respiro di queste montagne dai ghiacci eterni e dai verdi prati. Sei portato naturalmente alla contemplazione.
Personalmente, vedendo il film, mi è venuta anche una gran voglia di viaggiare. La magia di questi luoghi ha stimolato ciò che di nomade c’è nascosto nel mio cuore. Perché, se una cosa bisogna proprio dirla, va bene il recupero delle radici e delle tradizioni, della propria terra e della propria gente, va bene anche che l’attaccamento alle illusioni genera sofferenza. Ma, come si può negare l’universale impulso umano a viaggiare, a muoversi, ad abbandonare i luoghi sicuri e certi, per gettarsi nell’ignoto, nei sogni, nei miraggi e nelle speranze? Ad incamminarsi, come ha fatto il protagonista Dondup, verso la propria “terra dei sogni”, incurante di tutte le certe, sensate e logiche raccomandazioni delle persone di buon senso? Ma al diavolo le persone di buon senso! Come giovane, condivido quell’ardore incosciente che ti fa ribollire il sangue e ti spinge a rimetterti in gioco, spinto solo dal desiderio del nuovo e allora lì tutto è eccitante. Poi si diventa vecchi, non ci si sorprende più di nulla e si diventa noiosi e insopportabili: tutto già visto, tutto già fatto, aborriamo ciò che è nuovo e diverso e ci crogioliamo di quello che è certo e rassicurante.
Ma nutro ancora un’infantile speranza (chiamatela anche illusione, non mi importa): che in ogni viaggiatore ci sia un mago, pronto a rapirti e ad incantarti con le sue storie, trasportandoti in luoghi sconosciuti e fantastici. E che cos’è questo se non il sogno e l’origine di ogni narratore?

Radio Alice, il mao-dadaismo e gli indiani metropolitani

di Giovanni
contatti: giovakologno@yahoo.it



Oddio, su “Lavorare con lentezza” sono state scritte talmente tante cose che mi chiedo cosa cavolo potrei aggiungere di originale e interessante io, studentello medio abbastanza ignorante in campo cinematografico, che, detto in tutta sincerità, il film l’ho visto parecchio tempo fa e faccio un po’ fatica a ricordarmi la trama (per fortuna la Santa Rete è piena di risorse e mi ha tratto d’impaccio anche stavolta…)

Per questioni anagrafiche nel Settantasette non c’ero.
I miei genitori sono della generazione precedente, quella del Sessantotto, e quando chiedo loro di parlarmi degli Anni di piombo, dell’Autonomia Operaia, degli espropri proletari e di cose di questo tipo, mi rispondono che i protagonisti di quella stagione erano dei pazzoidi un po’ esagitati, figli di papà che volevano tutto e subito, gente che faceva politica in maniera “spontaneista” e superficiale, senza studiare i testi sacri di Marx-Engels-Lukàcs e compagnia bella, che in piazza si mettevano a fare delle mascherate senza capo né coda oppure sparavano contro gli sbirri, e poi c’erano i fanatici che sono finiti prima nelle BR poi in galera…
Per varie ragioni, il vivacissimo periodo alla fine degli anni ’70 mi ha sempre interessato molto (Skiantos, Andrea Pazienza, il primo punk…), e quindi mi sono rimboccato le maniche recuperando informazioni un po’ qua e un po’ là, in modo del tutto raffazzonato, cercando di orientarmi e perdendo quasi sempre di vista la direzione da cui ero partito…

Ma nel film non è il Settantasette, inteso come particolarissimo momento storico, ciò che conta.
Il regista Guido Chiesa è stato abbastanza lungimirante da capire che non c’era nessun bisogno di fare un film nostalgico della serie “formidabili quegli anni” ad uso e consumo dei reduci di quell’epica stagione di lotte.
Lavorare con lentezza è straordinariamente rivolto al presente e al futuro: rimette in campo e in discussione tutta una serie di tematiche e di pratiche che nacquero allora ma che, porcamiseria, spaccherebbero di brutto* anche oggi, nel contesto delle lotte presenti.
Mi viene in mente una delle primissime scene, in cui un chiassoso e burlesco corteo di gente con maschere, costumi strani e strumenti musicali sfila per le vie di una Bologna divertita e stupita.
E penso subito ai cosiddetti indiani metropolitani: ragazzi e ragazze che ne hanno le palle piene del sistema e della società in cui vivono, ma allo stesso tempo non ne possono più della politica fatta in maniera seria e necessariamente dura-pura-incazzosa.
La soluzione? La tattica della frivolezza, della protesta creativa, della burla, della giocosità politica, della ri-appropriazione goliardica e (dis)organizzata degli spazi di socializzazione, delle strade, delle piazze, dei quartieri, di TUTTO!
O per dirla in una sola, delirante, parola: mao-dadaismo!!! (qualunque cosa voglia dire).

Questo atteggiamento festoso e casinaro, questa voglia irrefrenabile di lotta, di miglioramento, ma anche di felicità individuale e collettiva (perché ricordiamoci che il privato è politico e il politico è privato, eccheccazzo!) è la base di una della più fertili esperienze libertarie del Settantasette bolognese: Radio Alice, la grande protagonista del film.
Come la svampita bambina sognatrice del romanzo di Carroll, anche Radio Alice vive in una sorta di paese delle meraviglie: per tutto il corso della sua breve esistenza riesce a costruire uno spazio veramente libero in cui le convenzioni della società non valgono, in cui il potere, l’oppressione, la gerarchia, la santissima trinità dio-patria-famiglia non hanno più nessun significato, in cui si può parlare, amare, scopare, incazzarsi, fumare, fare fumetti (ecc, ecc) senza costrizioni di nessun tipo.
Radio Alice è l’embrione della società che tutti vorremmo, in cui si vive finalmente liberi dall’angoscia del lavoro salariato: migliorare la qualità della nostra vita fuori dal lavoro è politica, così come chiedere di lavorare di meno è politica. Perché faticare meno e liberare tempo sono nostri sacrosanti diritti.
Cioè, l’ESISTENZA, il NOSTRO TEMPO prima di tutto. Più questo tempo ci viene sottratto per produrre profitto per altri, meno è nostro, meno possiamo usarlo per stare con gli altri, per giocare con i bambini, per leggere, per viaggiare, per apprendere.

Penso che contestualizzare la frivolezza libertaria del Settantasette bolognese nelle lotte di oggi sia l’unico modo per ingrandire e far riacquistare peso ai movimenti, che stanno attraversando, dopo le mobilitazioni contro la globalizzazione neoliberista e contro la guerra infinita di Bush, una pesante fase di disorientamento e di stasi.
Come militanti è necessario rendersi conto che oggi è prima di tutto indispensabile una progettualità ragionata (ancora tutta da costruire), ma senza divertimento, senza il lato ludico e vitale della lotta, senza l’attenzione verso il privato, senza la sperimentazione diretta del mondo che sogniamo, NON SI VA DA NESSUNA PARTE.

Questa è la lezione che Radio Alice può darci, rivolta al nostro presente e al nostro futuro, senza cadere nel ricordo fine a se stesso né nella riproduzione automatica di tematiche e pratiche, che troppo spesso appesantiscono e ostacolano la capacità di inserirsi nel contesto storico-sociale contemporaneo (che è in continuo mutamento).

Accidenti, avrei altre mille cose da dire, ma il tempo è sempre tiranno (che stronzo!)…

MAI TORNARE INDIETRO, NEANCHE PER PRENDERE LA RINCORSA.
Andrea Pazienza


* Traduzione: farebbero faville

La Reinvenzione del Silenzio di Babsi Jones

di lt


All'inizio pensavo di essere qui per darvi qualche impressione su di un libro intitolato Sappiano le mie Parole Di Sangue, e invece, mi scopro dopo circa due mesi dalla sua lettura, a scrivere due righe assolutamente difficili su un post di commiato, la Reinvenzione del Silenzio.

Per chi non conoscesse la vicenda la ri-riassumo in due parole.

Per il web, almeno quello che mi capita di girare, incontro alcune foto e alcuni racconti sulla guerra nei Balcani che non conoscevo e non avevo mai letto (D'Alema – Sheriff, we remember you!), che appartengono tutti alla stessa persona, tal Babsi Jones, che a breve, un paio di mesi, avrebbe pubblicato un libro, slmps (Sappiano Le Mie Parole Di Sangue, appunto). Da li ho iniziato a seguirne un po' il blog (mi recalcitrano un po', lo so), la fotografia e i progetti. Insomma, mi sono ritrovato conivolto.

All'uscita del libro nessuna reazione ufficiale, ma molte mille reazioncine, cori, stadi urla, disinformazione e disillusione che si sommano nel cerchio delirante dell'urlo e del richiamo.

Da cui sia arriva al post di cui stiamo parlando.

Aldilà di come diavolo sia scritto il libro, se sia lecito o illecito, se troppo puro o troppo contorto di quello che ci si aspettava, se lo stile piaccia o non piaccia, come se discutere di gusti avesse un senso, bisognerebbe, direi almeno dopo aver letto il libro, fare un passo indietro, prendere un respiro e provore a pensare.

Il problema è fortemente imbarazzante, almeno lo è per me ora.

In tutta questa quantità di scrittura e di immagine che ogni giorno leggo e trasformo, in questo intensificarsi del fenomeno internet, quanto ancora di forza si può generare, e quanto arcora stupidamente non cada nella rissa o solo nell'apparire, che non è socialità, non è progetto, non è ispirazione e non è nemmeno forza individuale, è solo desiderio cannibale di sé stessi, fino a gettarsi al centro della tavola.

Quanto ancora il bisogno di scrivere, colloquiare e discutere sia presente, e per quanto ancora non sia necessario il suo carburante spirituale, silenzio, attenzione e ascolto è pura questione di equilibrismo.

Mettere nero su bianco, essere di una qualche coerenza con questa ricerca, uscire da questa distonia colletiva o ritornare alla forma di coscienza più plurima più complessa, più sottile, la forma del silenzio. Il silenzio non è un automatismo. Non è tale poichè non dice niente. Esso attrae, capovolge, insipegabilmente comprende, spiega e rende consapevoli, ci ri-rende al centro del cuore quel tempo ancestrale, primario, fatto di presenza, di bellezza, di cose raggiunte e guastate dal tempo, recalcitranti allo standard, alla tortura del soliloquio, che si conservano tanto pure quanto dure e taglienti dietro la dimenticanza comprata fra le urla, fra i piedi sbattuti e le metropolitane, nelle loro fottute corse al lavoro, fa gli armadi, le librerie e i dischi.

Ci ri-rende la misura della discussione, dell'ascolto, del movimento esterno, del suo continuo avvicendarsi, avvolgergi, del suo bastare a sè stesso, un sottile pulviscolo che sia alza dalla sabbia.

La forma del silenzio, del reintegro almeno di una parte di silenzio nella propria vita, che diviene magicamente una parte di ascolto, diventa fondamentale di fronte a questo continuo brusio da sagrestia, questo continuo urlare da stadio senza scopo, se non quello malcelato di voler ascoltare la propria voce.

Sopra tutto.

In che direzione stia questo maledetto equilibrio, credo sia cosa che ognuno di noi risolverà nel prorpio letto. Io certo non ho niente da dire in proprosito, almeno non qui.


§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§


Ora penso sia giunto il momento di dare l'indirizzo di slmpds e sperare che andiate a farvici un giro. Questo sito non è una fotocopia del cartaceo, anche se su alcuni punti lo ricalca. Io vi consiglio entrambi, si completano. Ma attenti, se anche lo stile non vi soddisferà, troverete di sicuro qualcosa in grado di riaprirvi qualche vecchia ferita.

Io ho colto l'occasione per portarmi dietro filo da sutura.

sabato 14 novembre 2009

Rossana Rossanda: La ragazza del secolo scorso

di Manuel


Scivo queste righe con lo spirito di immediatezza de ‘le curve’ per parlare di questo libro anomalo, o meglio che così si è presentato alla mia lettura. Il suo acquisto è stato impulsivo dovuto semplicemente alla notizia della sua uscita avuta da un programma televisivo e dalla stima che nutro per la sua autrice che ho sempre considerato un modello sul piano esistenziale. Già il titolo lasciava intendere che il lavoro fosse una specie di autobiografia di una donna che continua a definirsi ‘comunista nonostante tutto’ e questo grazie alla sua autorità e statura intellettuale (almeno per me) rappresentava una occasione di stimolo e chiarimento dal punto di vista personale. Proprio questo taglio personale è quello che rende speciale il racconto diverso dalla impostazione politica prima e giornalistica poi che ha reso conosciuta l’autrice. La mia lettura è cominciata così avida e appassionata, desiderosa di rubare emozioni e sentimenti altrui di anni ed eventi che purtroppo ho potuto solo approfondire a posteriori, avendomi l’età anagrafica privato della possibilità di viverli.
Questa pratica in realtà si rivela quasi sempre quanto mai sterile ma stavolta confidavo in una maggiore soddisfazione, riconoscendo alla scrivente la straordinaria qualità di essere sempre in primo luogo persona coscientemente contemporanea, a dispetto del titolo del libro che considero più provocatorio di quanto possa sembrare. Il libro rifugge dall’intenzione di fare una sorta di riepilogo degli avvenimenti che stanno sullo sfondo della vita narrata, attraversandoli semplicemente in prima persona e sottraendosi al climax di attesa che potrebbe crearsi nel lettore che si approccia come me alla lettura. Questo atteggiamento si riscontra del resto fin dal primo capitolo che narra con dovizia di particolari l’infanzia, cioè un periodo antitetico all’immagine della Rossanda che può spingere un lettore all’acquisto, immagine per me carica di significati e valori come ho già spiegato. A conti fatti ho sul tavolo un libro strano, del quale non è utile sottovalutare la frase sulla quarta di copertina: Il racconto di una vita: la politica come educazione sentimentale. Un libro strano di cui non capisco quanto il parziale fraintendimento dipenda dai miei occhi e quanto dalla foto in copertina. Un libro che vale la pena di avere. Un libro che sono felice di aver cominciato ma che semplicemente(?)non riesco a finire.

Manuel

Generazione metal. Concerto degli Helloween.

di edo

Di recente mi è capitato di assistere ad un concerto di un famoso gruppo power-metal tedesco, sto parlando degli Helloween.
Questo concerto si è svolto all’Alcatraz di Milano, un luogo sempre soggetto a questo tipo di eventi.
Il gruppo ha esordito con alcuni pezzi dell’ultimo album, passando poi ai loro classici degli anni ’80. Nel mezzo del concerto c’è anche stato un bel siparietto tra prodigi tecnici e comicità, durante il quale i membri del gruppo hanno giocato sfidandosi con delle mini-chitarre e mini-batterie che poi venivano volutamente abbattute dalle vere batterie e chitarre… Non potevano mancare FUTURE WORLD e THE KEEPER OF THE SEVEN KEYS .
Inutile dire che mi sia esaltato anche a questo concerto heavy, ma io lo dico lo stesso.
Le chitarre, ho perso il conto con tutti i vari cambi che si sono susseguiti, erano veramente power; la batteria era un treno lanciato e preciso. La voce e le grida di Andi Daris mi facevano cantare il più possibile simile a lui, ma i risultati erano un “tantino” diversi.
La cosa che però mi spinge a scrivere è il fatto che il mondo dell’heavy metal è intramontabile e, anzi, direi che è gia partita una nuova generazione di ragazzi e tante ragazze tra i 15-18 anni che ho visto quella sera al concerto; mi ha colpito il fatto che conoscessero a memoria sia i brani recenti che i primi, quelli degli anni ’80. Si capisce che c’è da parte loro un ascolto approfondito e una ricerca delle canzoni del passato. Sì, perché più di vent’anni sono trascorsi dalla nascita degli Helloween, come per tanti altri gruppi che come loro sono ancora sul palco.
Al giorno d’oggi è possibile ottenere, senza troppi sforzi, intere discografie dalla rete internet (bastano un paio di click!) ed è quindi perciò comprensibile che anche gli ultimi arrivati nel mondo metal possano “recuperare” con molta facilità il back-ground musicale di chi invece ha seguito questo mondo nella sua evoluzione e sviluppo, ma è ovvio che non è possibile rivivere le stesse emozioni di chi ha potuto ascoltare determinati gruppi nell’epoca in cui sono nati.
Quello che secondo me spinge i giovani (me compreso) verso questa esperienza musicale è la complessità e la potenza della musica, che sprigiona energia positiva e negativa; l’importante è liberarsene ascoltandola e suonandola. La vastità di questo genere e delle sfaccettature che determinano altri sottogeneri ben precisi ci può far avvicinare più facilmente all’ heavy-metal più autentico - per intenderci stile IRON-MAIDEN - nel quale non sono presenti né tastiere, né effetti, né altre contaminazioni hip-hop, classica, lirica… Non sto criticando le contaminazioni, anzi, sono proprio quelle che tengono sempre in vita e attuale il panorama del metallo pesante.
Oltre ai giovanissimi era presente una bella fetta di pubblico molto più datato, direi che potevano essere i genitori dei ragazzi presenti al concerto. Questo scenario mi ha reso felice, anche perché è una risposta ai dubbi che mi pongo sul fatto che ci debba essere un limite di età oltre il quale bisogna maturare anche musicalmente. La vera risposta secondo me sta nel maturare altri interessi musicali che non debbano sostituire quelli precedenti.
In parole povere, se tutto va bene, almeno per i prossimi 20 anni mi recherò ai concerti metal e agli irrinunciabili festivals come il Gods of Metal.

Edo.

Ben Harper, Both side of the gun

di Joe

Non esiste cantante più affascinante di Ben Harper. Le sue canzoni colpiscono diritto al cuore, proprio come un colpo di pistola. E’ stato definito l’erede di Jimi Hendrix, è ricoperto di tatuaggi Maori, nelle sue vene scorre il sangue degli indiani Cherokee, “surfa” sulle onde come un campione e, come se non bastasse, ha anche una voce seducente, come dimostrano le canzoni che compongono “Both side of the gun”, settimo album della sua carriera, che è diviso in due cd. Il primo è romantico e colmo di ballate acustiche, arricchite dagli archi e da un’irresistibile venatura blues, tra cui spiccano “Picture in a frame” e “More than sorry”. Il secondo ha un’anima più nera e si concede diverse divagazioni stilistiche, come il reggae di “Better way” o il ritmo funky di “Black rain”, canzone che denuncia il clamoroso ritardo dei soccorsi alle vittime dell’uragano Katrina che ha devastato New Orleans. Perché Ben Harper, si batte anche per la giustizia dei popoli e non solo attraverso i testi delle sue canzoni, ma partecipando attivamente in prima linea. Avrà almeno un difetto? Sono i molti a dire che ha un brutto carattere, ma forse è solo l’invidia a farli parlare, perché in tutto e per tutto Ben Harper sembra inattaccabile.

Joe

“Anatomia dell'irrequietezza” (Bruce Chatwin)

di Andrei


Avvertenze: più che una recensione, questo è uno sfogo. Può cadere quindi nella parzialità o nella superficialità, ma può essere uno spunto per pensare e smuovere le proprie certezze infondate.


Ma com'è che il mondo occidentale, il mondo moderno, il mondo in cui viviamo avanza nella storia bruciando tutto ciò che incontra e diventando sempre più cieco, più arrogante, facendo della colonizzazione (in senso geografico, culturale, figurato, psicologico, spirituale...) un comportamento naturale, disinvolto, che corrisponderebbe all'interesse generale dell'intero pianeta?

Apro con questa domanda per parlare di “Anatomia dell'irrequietezza”, un insieme di scritti inediti di Chatwin (racconti di viaggio, saggi, articoli, recensioni) raccolti da Jan Borm e Matthew Graves.

Per anni l'autore ha coltivato un progetto mai edito, poiché egli stesso lo considerava inpubblicabile: scrivere un libro sui nomadi che dimostrasse come il nomadismo non sia una degenerazione della civiltà stanziale, ma una degna alternativa: “L'alternativa nomade”.

Il discorso centrale sarebbe stato questo: “l'uomo, umanizzandosi, aveva acquisito insieme alle gambe dritte e al passo aitante un istinto migratorio, l'impulso a varcare lunghe distanze nel corso delle stagioni; questo impulso era inseparabile dal sistema nervoso centrale, e quando era tarpato da condizioni di vita sedentarie trovava sfogo nella violenza, nell'avidità, nella ricerca di prestigio o nella smania del nuovo”.

Per sostenere questa tesi adduce argomenti di diversa natura, passando da un'analisi storica e sociologica delle civiltà nomadi tradizionali a considerazioni meno scientifiche affidate a frasi d'effetto come “il moto è la migliore cura della malinconia” o “La gente, quando si ostacolano i suoi movimenti geografici, aderisce a movimenti politici”.

Chatwin invita a riflettere sul fatto che “l'insediamento prolungato ha un'asse verticale di circa diecimila anni, una goccia nell'oceano del tempo evolutivo”.

La concezione che l'uomo “civile” ha del nomade è spesso segnata da ignoranza, pregiudizi, luoghi comuni più o meno fondati sul modo di vivere di alcune comunità nomadi contemporanee che non tengono mai conto delle loro origini e dei motivi delle loro trasformazioni e adattamenti.

“Il nomade non vaga senza meta da un luogo all'altro”, egli segue precisi percorsi in precise stagioni. Egli è allevatore (nel caso delle tribù pastorali) e si muove insieme agli animali, portando con sé la propria casa. “Gli animali forniscono loro il cibo; agricoltura, commercio e saccheggio sono benefici supplementari”. Ma non è la fienagione il solo ostacolo alla mobilità: i capi nomadi sapevano che cedere al lusso e agli agi del mondo civile avrebbe messo in pericolo il loro sistema.

Non mancano, nel confronto tra il mondo civile e il nomade, considerazioni di tipo artistico: “l'arte delle civiltà urbane tende alla staticità, alla solidità e alla simmetria. [...] L'arte nomade tende, in maggiore o minor misura, a essere portatile, asimmetrica, dissonante, irrequieta, incorporea e intuitiva”. E ancora di tipo psico-pedagogico: “il viaggio non soltanto allarga la mente: le dà forma. Le nostre prime esplorazioni sono la materia prima della nostra intelligenza”.

E come possiamo noi, noi stanziali, puntare il dito verso i nomadi di oggi quando non esistono più terre libere dalla proprietà privata in cui pascolare, quando il non risiedere è vietato dalla legge (o confinato in aree recintate, dismesse, malsane), quando ci siamo presi ciò che non ci appartiene legittimati dal fatto che “l'abbiamo pagato”? Mi sembra normale che gli zingari che ci vivono intorno si siano adattati a questo stato di cose ed è straordinario che ancora, malgrado tutto, si conservino e non si pieghino.

Le recensioni di Yaduende

  1. Alberto Prunetti. Potassa di lt
  2. “MAGHI E VIAGGIATORI”, RECENSIONE/RIFLESSIONE STIMOLATA DALL’OMONIMO FILM “MAGHI E VIAGGIATORI” DI KHYENTSE NORBU di Davide Russso
  3. La reinvenzione del silenzio, post di commiato di Babsi Jones - di lt
  4. Vinicio Capossela: Ovunque proteggi - di Andrei
  5. Ben Harper: Both side of the gun - di Giovanna
  6. Generazione Metal, concerto degli Helloween all'Alcatraz - di Edo
  7. Rossana Rossanda: La ragazza del secolo scorso - di Manuel
  8. Bruce Chatwin: Anatomia dell'irrequietezza - di Andrei
  9. Lavorare con lentezza - di Giovanni C

Le lettere di yaduende


  1. Lettera a Debbie Curtis, moglie di Ian Curtis, cantante dei Joy Division, suicida a ventitre anni, adultero di Francesca Stella Riva
  2. Lettera ad Ian Curtis, cantante dei Joy Division, suicida a ventitre anni di Francesca Stella Riva
  3. Di brutti momenti di Jean Paul

LETTERA A DEBBIE CURTIS, MOGLIE DI IAN CURTIS, SUICIDA A VENTITRE' ANNI, CANTANTE DEI JOY DIVISION, ADULTERO.

di Francesca Stella Riva


Debbie, apro gli occhi: immagine numero uno.
- Due cose storte non ne fanno una dritta-
- Un soldato da solo non fa la guerra-
Lo diceva la nonna, in cucina, lo diceva come una verità.
Debbie, apro gli occhi: immagine numero due, li vedo.
camminano dieci metri davanti a me,
passo dopo passo, come a passo uno,
movimenti lenti, un mio personale film muto.
Valige in mano, e sincronizzo i miei passi su loro, avanti a me,
rimango indietro mentre li seguo.
Occhi aperti: domanda numero uno:
"Voi, voi che ci siete, siete miei? Voi tutti?"
Occhi chiusi, domanda numero due:
"Siete miei, quando vi strappo un bacio, quando vi stringo?"
Occhi aperti. Domanda numero tre:
"Dovessi tenermi solo questo spazio, questo corridoio fra me e voi mentre camminiamo,
dovessi tenermi solo i vostri visi doppiati con le mie parole,
vi farei miei, così?"
Debbie, apro gli occhi: confessione numero uno, è tutto il giorno che ci penso.
Che stronzo Ian, con Annik, e tu che pensavi alla bambina,
che stronzo Ian, ma sai, aveva un senso in fondo.

sabato 7 novembre 2009

YURI-G

di Francesca Stella Riva


Il mare è caldo come brodo, non dà nessun sollievo, potresti cuocerci un uovo dentro, cuocerci il sole che sembra un uovo. Il suo piede si è stufato di stare immerso nell’acqua per saggiarne la temperatura: entro o no? Fino all’orizzonte è limpido,azzurro,sovraffollato,piatto. Ci saranno le meduse? Il bagnino aveva una teoria tutta sua: “le meduse stanno dove l’acqua è pulita,abbiamo il mare più bello di tutta la Versilia”.
E’ ancora presto per tornare a casa,prende la rincorsa,salta la prima onda,salta la seconda e poi, rovinosamente,si tuffa dove l’acqua è ancora troppo bassa, il fondo le raschia la pancia ma lei riemerge felice: è molto più fresco, ora.
Quanti bambini. Bambini che giocano a calcio,bambini che mangiano ghiaccioli,bambini che scavano canali.
Quante madri. Madri che li seguono dappertutto,apprensive,madri che leggono Novella 2000, madri indaffarate a chiacchierare fra loro sotto gli ombrelloni.
“Come quando ero piccola” pensa, “Quando ero piccola”,ricorda,per via del mare così azzurro, “Avevamo un canotto giallo che poteva portare addirittura sette persone e di bambini poi,anche di più,uscivamo al largo fino alle boe dove l’acqua era limpidissima,come in piscina”.
Rimuginando,ha camminato un bel po’ sulla spiaggia,strusciando i piedi per lasciare due solchi paralleli nella sabbia e ora sa che è stanca,si lascia cadere seduta sulla riva osservando il mare,osservando un puntino giallo sul mare.
“Avevamo un grandissimo canotto e quando le conchiglie ne hanno bucato il fondo gli abbiamo fatto un funerale,poi mia zia me ne ha regalato uno nuovo, arancione, con 'Seahawk' scritto sui lati”.
Sorride nel veder che anche quello che sta osservando avvicinarsi ha la stessa scritta: a bordo,a prua,un ragazzino che si atteggia a capitano rema con sicurezza cercando di sfruttare la forza delle onde cavalcandole; aggrappata alla corda su uno dei lati una bambina, il rosa acceso del suo bikini,probabilmente uguale a quello di sua madre, si staglia contro gli altri colori e li sovrasta.
“Sembra la Silvia”, pensa la moglie del medico, seduta sulla riva del mare, “Quella che una volta tuffatasi in acqua non riusciva più a risalire a bordo e allora bisognava spingerla tutti insieme da sotto,la gomma le lasciava striature rosse parallele sulla pancia.
“Chissà che fine ha fatto,chissà che fine hanno fatto tutti gli altri”,solo di Giulia sa,ogni tanto la sente per fare un ritocchino nel suo ambulatorio di chirurgia estetica a Firenze. Giulia Casati,chirurgo, Daniele Paolini,professore di Biologia,Caterina Binetti,fiorista all’ingrosso; nomi,cognomi,professioni,l’appiglio per non dimenticarsi tutti i personaggi della sua vita, un’ancora alla quale aggrapparsi,la schiavitù dell’età adulta. Da bambino le persone te le ricordi per un particolare,non per le voci della loro carta d’identità,il rosario della nonna,papà che sta vestito sotto l’ombrellone,il pacemaker del nonno di Tommy,una scatoletta cilindrica dai contorni nettamente visibili attraverso la sua pelle abbronzata,il costume tigrato di Cristina.
Il canotto è spiaggiato nel frattempo e il capitano ordina alla ciurma di scendere urlando con la voce stridula e grave della prima adolescenza,in una nuvola di schizzi saltano giù,caricandosi quell’enormità gommosa sopra la testa. Sono cinque,in processione l’uno dietro l’altro e assomigliano così tanto a loro,Alessio il più grande, la Silvia e il suo piccolo fratello Giorgio,i cugini Filippo e Tommy, di Firenze,si guarda intorno ed ecco,a pochi metri, la Primetta fare segno di farsi bene la doccia che se rimane il sale addosso poi fa bruciare la pelle tutto il giorno,ecco il cane di Filippo che lo aspetta all’ombra. Gli stessi visi,gli stessi ombrelloni,lo stesso mare,non capisce come possa essere successo ma è tornata indietro,è di nuovo bambina,un miracolo. Un sorriso le si allarga sul viso mentre li vede correre tutti verso il bar per un ghiacciolo,sa che rimarranno un po’ lì a giocare a ping-pong,non li segue,li aspetta dove la sabbia diventa giardino.
“E’ la prima volta che vieni al mare?”
“Si”
“Come ti chiami?”
“Giulia”
“Vuoi giocare a nascondino con noi?”
Senza troppe cerimonie la mettono subito a contare,fino a sessanta.
“Undutrequacisesettonovundiciventitrenquarancinquantasessanta!”
Spariti. Concentrati,Giulia,concentrati e ti ricorderai tutto perché tutto è come allora, sei di nuovo qui,quindi:
”Per Filippo dietro il cespuglio!”
“Non vale,come hai fatto a vedermi,non ti sei nemmeno mossa!”
“Ti ho visto le gambe fra i rami!”
Poi corre verso la sabbia,sporge appena la testa oltre il muro che separa le cabine dal giardino: il rosa acceso del costume di Silvia fa capolino attraverso le foglie della Bouganville.
“Per Silvia,dietro il vaso!”
Lei non ci pensa neanche a correre,non lo faceva mai,nemmeno quando faceva così caldo che la sabbia scottava e bisognava saltellare da una macchia d’ombra all’altra per non ustionarsi i piedi. Trovare gli altri è un gioco da ragazzi,Tommaso è rimpiattato dietro la sedia di sua zia e Giorgio è con Alessio nel solito posto,sotto il pattino.Ha vinto,ora deve contare Filippo. Appena lui chiude gli occhi,lei si mette a correre verso quello che nei suoi ricordi era il posto migliore,si chiude nella doccia e,attraverso un buco nella porta di legno (ancora lì, anche quello è ancora lì) lo vede girare intorno pensoso,fino a che le volta le spalle:scatta fuori e corre,corre ma una mano la ferma:
“Andate a casa?”
“Sì,è tardi, e tu?”
“Io sto ancora un po’ “.
Rimasta sola,di nuovo sulla riva,si sotterra i piedi con la sabbia bagnata aspettando che il sole tramonti,poi,quando è buio,si siede su di una sdraio e bastano pochi secondi perché si addormenti.
La moglie del medico sogna la città,di notte: fuori dalla sua finestra le sagome dei condomini si stagliano nitide contro il cielo,reso traslucido dalla luce dei lampioni. La pioggia cade a gocce sottili,quasi invisibili,ma non smette,mai: piove,piove e piove finché la piscina di sabbia ai piedi dello scivolo non si riempie del tutto,finché non trabocca e tutto il paesaggio si allaga. L’acqua arriva fino alla sua finestra,al secondo piano,le automobili galleggiano,il cemento è il fondo del mare e gli alberi alghe immense,coralli. Apre la finestra e si tuffa.
“Svegliati!”
Quando apre gli occhi tutto è azzurro,ci mette un attimo a mettere a fuoco.
“Vuoi fare un castello di sabbia con noi?”
“Sì,ma facciamolo con la sabbia bagnata,che viene resistentissimo!”.
Scavano,scavano nella sabbia ammorbidita dal mare,scavano con le mani,con le palette,Alessio con la pala del bagnino,modellano prima una grossa montagna,poi una piramide,poi un vulcano. Giorgio si infila nel buco creato dagli scavi,ci finisce dentro fino alle spalle,sul fondo c’è l’acqua e ride di gusto,anche lei ride, l’acqua di mare è trasparente,possiamo camminare fino al pontile,raccogliere conchiglie,affittare un pedalò o giocare a pallavolo,venire in spiaggia a mangiare per mezzogiorno e non ci sarà problema se si metterà a piovere,perché ci rifugeremo nel posto segreto di Giorgio sotto il pattino e sentiremo le gocce rimbalzare sul vetroresina, il loro rumore amplificato dallo scafo,cavo. Ride ride e ride perché tutto è come allora.
“Tommy,andiamo a chiamare tuo nonno,che glielo si fa vedere!”
è vero,ricorda,lui era un muratore da giovane, sabbia o cemento è uguale,no?
“Nonno,nonno!Vieni a vedere che cosa abbiamo fatto!”
“Oh,ciao Giulia,ci sei anche tu?”
“Si,sono arrivata ieri” .
Si china sul vulcano e,saggiandone la compattezza con la mano immensa: “Bello,Proprio bello!”
E poi: “Ma Giulia,li hai aiutati tu?”
“ Si, un po’ ”, dice la moglie,strano,sembra diverso, di poco ma diverso,ad esempio sul suo petto non traspare il pace-maker che lei si ricordava, sembra non esserci affatto, forse una nuova operazione.
“Beh, allora non vale, i grandi non valgono!”
“Ecco, nonno, tu inventi sempre regole nuove e non ti va mai bene nulla!”
“Dai, bravi, andate a giocare e lasciatela un po’ stare, lei, che è appena arrivata,deve riposarsi; allora,com’è che quest’anno sei arrivata in anticipo?”
“Mi sono licenziata, Tom, era vent’anni che facevo le stesse cose, non ne potevo più.”
"Hai fatto bene,allora,quanto credi di fermarti adesso?”
La moglie vorrebbe rispondere “Non so” ma dice “Un mesetto” e spera solo che, al suo ritorno a casa, inizi a piovere e che continui molto, molto a lungo.

“I wish I was Yuri-G.”
P.J Harvey